In Italia il caffè non è soltanto una bevanda: è un simbolo nazionale che accompagna diversi momenti della giornata.
Non esiste un’ora “sbagliata” per bere un espresso (tranne, forse, il cappuccino dopo pranzo!). Dal Nord al Sud, il caffè è un pretesto per fermarsi, scambiare due parole, prendersi una pausa. È diventato una sorta di collante sociale, un gesto semplice che dice molto sulla cultura italiana.

Dalle spezie ai chicchi: un viaggio attraverso i secoli
Il caffè arrivò in Italia nel Seicento attraverso Venezia, porto cosmopolita e porta d’ingresso per le merci orientali. La parola “caffè” deriva dall’arabo qahwa, che in origine indicava una bevanda stimolante, passata poi al turco kahve e quindi all’italiano. Prima di giungere nella penisola, il caffè era già diffuso a Istanbul e nelle città arabe, dove le prime case del caffè (kaveh kanes) erano luoghi di incontro, musica e discussione.

All’inizio in Italia fu accolto con diffidenza: alcuni lo consideravano una “bevanda del diavolo”. Addirittura, nel 1600, alcuni religiosi proposero di vietarlo perché temevano che distraesse dalla fede. Fu papa Clemente VIII, però, a legittimarlo assaggiandolo e dichiarando che era “così buono da non poter essere opera del demonio”.

Con l’apertura delle prime botteghe del caffè a Venezia, Torino e Napoli nacquero luoghi di incontro per mercanti, intellettuali e artisti. Nell’Ottocento, l’invenzione della macchina per espresso di Angelo Moriondo a Torino rivoluzionò il modo di prepararlo: da infuso lento e lungo a bevanda rapida, intensa e cremosa.

Il bar: salotto pubblico all’italiana
Il bar italiano è molto più di un locale commerciale: è una sorta di piazza in miniatura. Qui non si entra solo per bere, ma per sentirsi parte di una comunità. Il barista conosce le abitudini dei clienti e spesso prepara il caffè senza nemmeno chiedere: “Il solito?” è una frase quotidiana.

Il bar è anche uno specchio della società: ci si va al mattino per fare colazione con cappuccino e cornetto, durante la giornata per la “pausa caffè” di lavoro, la sera per un amaro o un aperitivo. Ogni quartiere ha il suo bar “storico”, che diventa un punto di riferimento per chi ci abita.

Una tazzina, mille identità
Il caffè non è mai “solo un caffè”. L’espresso è il re indiscusso: rapido, intenso e servito in una piccola tazzina. Ma da qui nascono infinite varianti: il ristretto, amato da chi cerca il gusto più concentrato; il macchiato, con una goccia di latte; il corretto, con una spruzzata di grappa o sambuca, tipico del Nord.

Curiosità: a Torino, nel Settecento, nacque il bicerin, una bevanda a base di caffè, cioccolata e panna, ancora oggi simbolo della città. A Napoli, invece, se qualcuno non ha i soldi per pagarsi il caffè, esiste la tradizione del “caffè sospeso”: un cliente paga due caffè, uno per sé e uno per uno sconosciuto che ne avrà bisogno. È un piccolo gesto di solidarietà che racconta la generosità partenopea.

Tradizione contro innovazione
L’Italia difende con orgoglio la sua tradizione dell’espresso, tanto che dal 2014 l’espressione “espresso italiano tradizionale” è stata inserita nella lista dei prodotti tutelati, mentre nel 2022 la candidatura della cultura del caffè espresso italiano è stata proposta all’UNESCO come patrimonio immateriale dell’umanità.

Tuttavia, le nuove generazioni sperimentano con curiosità: caffè monorigine dall’Etiopia o dal Brasile, estrazioni alternative come il “cold brew” e persino versioni gourmet arricchite con spezie o aromi particolari. Le catene internazionali hanno introdotto in Italia la moda dei “grandi bicchieri da passeggio”, ma per molti italiani resta inconcepibile allontanarsi dal rito della tazzina bevuta rapidamente al banco. Qui la differenza è culturale: altrove il caffè si beve lentamente, in Italia è un gesto breve ma intenso, da vivere in compagnia.

I caffè storici
Alcuni locali sono diventati veri e propri simboli culturali. Il Caffè Florian di Venezia, aperto nel 1720, è considerato il più antico caffè del mondo ancora in attività e fu frequentato da Goldoni, Byron e Goethe. A Roma, il Caffè Greco, fondato nel 1760, fu punto d’incontro per artisti e scrittori come Stendhal, Liszt e Keats. A Napoli, il Gran Caffè Gambrinus, aperto nel 1860, divenne il cuore della vita culturale partenopea, frequentato da D’Annunzio e Matilde Serao.

Caffè e scienza
Oltre al piacere sociale e culturale, il caffè ha effetti benefici anche sul corpo: migliora la concentrazione, ha proprietà antiossidanti e, se consumato con moderazione, può ridurre il rischio di alcune malattie.

Più di una bevanda: un linguaggio culturale
In Italia dire “Andiamo a prendere un caffè?” non significa solo assumere caffeina, ma esprime un invito sociale: può voler dire “Facciamo una pausa”, “Parliamo un po’”, “Condividiamo un momento”. Non importa se poi si beve un espresso, un tè o una spremuta: il caffè è diventato un codice linguistico che indica l’atto di incontrarsi.

In fondo, dietro ogni tazzina c’è l’essenza dello stile di vita italiano: intensità, calore, condivisione. Il caffè in Italia è veloce da bere, ma infinito da raccontare.

Fonti di riferimento

Il testo si basa su fonti storiche e culturali riconosciute, tra cui:

Esercizi per gli studenti (livello B1–B2)

1. Comprensione del testo
Rispondi alle domande:
a) In quale città arrivò il caffè in Italia e in quale secolo?
b) Quale papa contribuì a legittimarlo?
c) Che cos’è il “caffè sospeso” e dove è nato?

2. Vero o falso
Segna con V (vero) o F (falso):

3. Vocabolario
Trova nel testo i termini collegati a:

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